Un appuntamento che finisce oltre le aspettative
Un appuntamento che finisce oltre le aspettative: Martina si guardò allo specchio un’ultima volta prima di uscire. Il vestito nero che aveva scelto le aderiva al corpo come una seconda pelle, sottolineando le curve dei fianchi e lasciando le spalle scoperte in un gioco di seduzione discreta ma inequivocabile. I capelli castani le cadevano in onde morbide sulla schiena, e un filo di rossetto rosso scuro completava l’opera. Non era solo un appuntamento, lo sapeva. Quando Luca le aveva scritto quel messaggio – “Cena da me, niente di formale. Porta solo te stessa” – c’era stato qualcosa nel suo tono, anche solo digitale, che le aveva fatto accelerare il battito. Era un invito che prometteva più di quanto dicesse, e lei aveva deciso di accettarlo con un misto di curiosità e audacia.
Arrivò davanti al suo appartamento poco dopo le otto. Il palazzo era moderno, con grandi finestre che riflettevano le luci della città. Martina inspirò profondamente, sentendo l’aria primaverile pizzicarle la pelle, e suonò il campanello. Quando la porta si aprì, Luca era lì, in piedi, con una camicia bianca leggermente sbottonata e un paio di jeans scuri che gli calzavano a pennello. I suoi occhi, profondi e scuri come una notte senza stelle, la squadrarono senza fretta, soffermandosi sulla scollatura del vestito e poi scendendo lungo le gambe nude fino ai tacchi. “Ciao,” disse, con quella voce bassa e vellutata che sembrava scivolarle addosso. Martina inclinò la testa, un sorriso appena accennato sulle labbra. “Ciao,” rispose, entrando con un passo deciso che mascherava il fremito che già le attraversava il corpo.
L’appartamento era accogliente, con un salotto illuminato da luci soffuse e una cucina a vista dove si intravedeva una pentola ancora fumante. L’odore di aglio e pomodoro fresco aleggiava nell’aria, mescolandosi al profumo del vino rosso che Luca stava versando in due calici. “Spero ti piaccia la pasta,” disse lui, porgendole un bicchiere. Le loro dita si sfiorarono per un istante, e Martina sentì una scossa leggera, come se quel contatto avesse acceso una miccia invisibile. “Mi fido dei tuoi gusti,” rispose, portandosi il bicchiere alle labbra e sorseggiando lentamente, senza mai distogliere lo sguardo dal suo.
La cena fu un lento crescendo di tensione. Seduti al tavolo di legno scuro, parlavano di tutto e niente – il lavoro, un film visto di recente, un viaggio che entrambi avrebbero voluto fare – ma le parole erano solo un pretesto. Ogni tanto, le loro mani si sfioravano mentre passavano il cestino del pane o riempivano i bicchieri, e ogni contatto era come un’onda che increspava la superficie di un lago troppo calmo. Martina si accorse di come Luca la guardava: non era solo interesse, era un desiderio che bruciava piano, visibile nel modo in cui i suoi occhi si soffermavano sulle sue labbra ogni volta che lei parlava, o nel modo in cui la sua mano si fermava un attimo di troppo vicino alla sua. E lei? Lei lo provocava, deliberatamente. Incrociava le gambe sotto il tavolo, lasciando che il vestito salisse appena, e sorrideva con quel misto di innocenza e malizia che sapeva farlo impazzire.
Dopo la pasta, arrivò il dolce: una mousse al cioccolato scuro, densa e peccaminosa, che Luca aveva servito in una ciotola unica con un solo cucchiaino. “Non ho voglia di sporcare altri piatti,” disse con un mezzo sorriso, ma entrambi sapevano che era una scusa. Si sedettero più vicini, sul divano, e iniziarono a condividere il dessert. Martina prese una cucchiaiata e la portò alla bocca, chiudendo gli occhi per un istante mentre il sapore ricco le si scioglieva sulla lingua. “Buono?” chiese lui, e lei annuì, porgendogli il cucchiaino con un gesto lento, quasi sensuale. Luca lo prese, sfiorandole le dita, e mangiò guardandola dritto negli occhi. Quel gioco di provocazioni stava diventando insostenibile, e lo sapevano entrambi.
Quando la ciotola fu vuota, Luca posò il cucchiaino sul tavolino con un gesto deciso e si alzò, tendendole la mano. “Vieni con me,” disse, e il suo tono era diverso ora: non più leggero, ma carico di una promessa oscura. Martina lo seguì senza esitazione, il cuore che le martellava nel petto, i tacchi che risuonavano sul parquet mentre attraversavano il salotto. Si fermarono vicino al divano, e per un istante rimasero lì, a pochi centimetri l’uno dall’altra, il silenzio rotto solo dal loro respiro.
Poi, tutto esplose. Luca le afferrò il viso con entrambe le mani e la baciò, un bacio feroce, profondo, che sapeva di vino e di desiderio represso troppo a lungo. Martina ricambiò con la stessa urgenza, le labbra che si muovevano contro le sue, la lingua che cercava la sua in un duello disperato. Le mani di lui scivolarono lungo la sua schiena, sotto il vestito, trovando la pelle nuda e accaldata. “Dio, quanto sei bella,” mormorò contro il suo collo, i denti che le mordicchiavano la clavicola, il respiro caldo che la faceva tremare. Martina gli infilò le dita tra i capelli scuri, tirandolo più vicino, il corpo che si inarcava verso di lui come se volesse fondersi nella sua carne.
Non ci fu tempo per le parole. Luca le sollevò il vestito con un gesto rapido, scoprendole i fianchi, e Martina gli slacciò la cintura con mani tremanti di impazienza. Lo sentì trattenere il fiato quando lei sfiorò la sua pelle, e quel suono la fece sorridere, un sorriso di trionfo. Lui la spinse delicatamente sul divano, e il tessuto fresco contro la sua schiena nuda le strappò un gemito leggero. Luca si inginocchiò tra le sue gambe, gli occhi fissi nei suoi, e quando le sue mani le sfiorarono l’interno delle cosce, Martina sentì il calore crescerle dentro, un’ondata che minacciava di travolgerla.
La sua bocca trovò la pelle sensibile appena sopra il bordo delle mutandine, e Martina trattenne il respiro, le dita che si aggrappavano ai cuscini. Lui le abbassò l’intimo con una lentezza esasperante, assaporando ogni istante, e quando finalmente la sua lingua la sfiorò, lei inarcò la schiena, un gemito roco che le sfuggì senza che potesse trattenerlo. Luca era implacabile, ogni movimento della sua bocca un’agonia deliziosa, un crescendo di piacere che la portava sempre più vicino al confine. “Luca…” sussurrò lei, la voce spezzata, e lui alzò lo sguardo, un lampo di soddisfazione negli occhi prima di tornare a dedicarsi a lei con ancora più intensità.
Martina si perse in quel vortice, il mondo ridotto a sensazioni: il calore della sua lingua, la pressione delle sue mani che le tenevano i fianchi, il suono dei suoi stessi gemiti che riempivano la stanza. Quando finalmente si rialzò, il viso arrossato e gli occhi brucianti di desiderio, lei lo attirò a sé, disperata. “Ti voglio,” mormorò, e quelle parole furono tutto ciò che servì. Luca si liberò dei jeans e della camicia in pochi gesti frenetici, e quando tornò sopra di lei, Martina sentì la sua erezione premere contro di lei, dura e bollente.
Entrò in lei con un movimento lento ma deciso, riempiendola completamente, e il gemito che sfuggì a entrambi fu quasi un grido. Ogni spinta era un’esplosione di piacere, i loro corpi che si muovevano in un ritmo perfetto, selvaggio, primordiale. Luca le afferrò i polsi, bloccandoli sopra la sua testa con una mano, mentre con l’altra le accarezzava il seno, pizzicandole i capezzoli fino a farla gemere più forte. “Dimmi che ti piace,” le ordinò, la voce rauca, e Martina annuì, incapace di parlare, il corpo scosso da brividi incontrollabili.
Lui accelerò, ogni colpo più profondo, più intenso, e Martina si sentì precipitare. L’orgasmo la colpì come una tempesta, un’onda che la travolse facendola urlare il suo nome, le gambe che tremavano intorno a lui. Luca la seguì poco dopo, il suo corpo che si tendeva mentre un gemito profondo gli sfuggiva dalla gola, il calore del suo piacere che si mescolava al suo.
Rimasero lì, intrecciati sul divano, sudati e ansimanti, per un tempo che sembrò infinito. Martina sentiva ancora il battito del cuore di lui contro il suo petto, e quando finalmente si guardarono, lei rise piano, ancora stordita. “Non era solo una cena, vero?” chiese, la voce velata di malizia. Luca le accarezzò il viso, un sorriso soddisfatto sulle labbra. “No,” rispose, sfiorandole le labbra con un bacio leggero. “Era molto di più. E non è ancora finita.”
Le sue parole le fecero battere il cuore più forte, perché entrambi sapevano che quella notte era solo l’inizio.